I tesori del Rampigna: scoperti  altri scheletri di antichi pescaresi 

I reperti ossei della necropoli saranno consegnati al Museo delle Genti a disposizione dei visitatori Gli archeologi hanno trovato anche pezzi di insediamenti, stratificati, di una città tardo romana 

PESCARA. Cinque scheletri di antichi pescaresi sono riaffiorati dal campo Rampigna, dove da un mese e mezzo sono in corso gli scavi degli archeologi della Sovrintendenza Belle arti e paesaggi d'Abruzzo, coordinati da Andrea Staffa, su impulso dell'amministrazione comunale, guidata da Carlo Masci, che punta a far riemergere il passato per ragioni storiche e turistiche. Il sindaco ieri pomeriggio ha effettuato un altro sopralluogo nell'area degli scavi finanziati dal Comune.
Dopo il rinvenimento, ai primi di giugno, dello scheletro presumibilmente di una donna risalente a 1600 anni fa, altri resti ossei di quattro "corpi" sono stati ritrovati a circa due metri di profondità, nelle viscere melmose dell'ex campetto sportivo, situato tra via Spalti del Re e piazza Martiri Giuliano-Dalmati, che ospita anche la cinta muraria della cinquecentesca piazzaforte.
I reperti rintracciati sono custoditi nei laboratori del Dipartimento di Antropologia della D'Annunzio di Chieti per essere sottoposti alle analisi che disveleranno sesso, ceto sociale e altri particolari che confermano l'esistenza di una Pescara dalla storia millenaria.
Nel futuro i resti ossei saranno consegnati al Museo delle Genti d'Abruzzo per essere ammirati dalla città. Dunque, c'è una necropoli adagiata sul fondo argilloso del Rampigna, a ridosso di una falda acquifera di notevoli dimensioni che si snoda nell'antica Ostia Aterni, a nord del fiume. E ci sono anche pezzi di insediamenti, stratificati, di una città tardo romana che dall'area portuale si ricollegava al Colle del Telegrafo, attraverso un'arteria stradale detta "dei cavallari".
E' quanto rivela Staffa: «Da un mese e mezzo stiamo procedendo con i “saggi"», spiega, «in una zona molto ampia, su aree individuate grazie a delle prospezioni diagnostiche realizzate nel 1996 con i georadar. All'epoca, un pool di costruttori pescaresi intendeva realizzare parcheggi interrati nel campo, ma ciò che emerse dalle indagini nel terreno li fece desistere. Oggi siamo già a cinque scheletri, antichi abitanti di Pescara, rinvenuti privi di corredo. Le sepolture risalirebbero al tardo romano antico, siamo in presenza di una città romana sotto e a pelo d'acqua. Una necropoli ma anche un quartiere della città». I mezzi meccanici utilizzati per penetrare con dolcezza nel cuore del Rampigna, hanno raggiunto «una prima stratificazione a un metro di profondità relativa al 16° secolo, poi a scendere abbiamo trovato tracce di coltivazioni e strutture abitative risalenti fino al 12° secolo, nella fascia più vicina al fiume. Ancora al di sotto, le 5 sepolture che si possono collocare in un'epoca tra il 4° e il 6° secolo».
Altra «scoperta interessantissima», prosegue il funzionario della Sovrintendenza diretta da Rosaria Mencarelli, «sono i resti di sepolture di età tardo repubblicana, risalenti a 2100 anni fa, rinvenuti scavando un metro dentro le falde acquifere» che in parte ostacolano o ritardano le operazioni di scavo a causa del continuo reflusso. Oltre a ciò, gli archeologi che lavorano a stretto contatto con il dipartimento di Antropologia dell'università D'Annunzio, diretto da Ruggero D'Anastasio e con la scuola di Antropologia teatina guidata da Luigi Capasso, hanno rintracciato «un interro frammisto di ghiaie e frammenti di anfore», a testimonianza della presenza «di una zona di approdo che ricollegherebbe l'insediamento di Rampigna a Colle del Telegrafo, attraverso una antica via detta dei cavallari», cioè dove era continuo il passaggio di cavalli. E ricorda, Staffa, che sempre ai Colli, zona Gesuiti, negli anni Novanta è affiorata una necropoli del 5-6° secolo. Sulla questione interviene Giulio De Collibus, in rappresentanza di Archeoclub, che analizza: «Il campo Rampigna è un grande parco archeologico, lo testimoniamo questi importantissimi ritrovamenti. Mi rendo conto che il Comune si trovi ad affrontare problemi tecnici, burocratici e finanziari, ed è quindi difficile pensare di realizzare il sogno di un'area archeologica a tutti gli effetti. Ma la risposta della città è orientata verso questo progetto». De Collibus, che sostiene di «condividere il pensiero con Massimo Palladini di Italia Nostra», mette i pescaresi davanti a un bivio: «Dovranno decidere se vogliono un campo di calcio o ricostruire il passato, magari anche trasferendo altrove la questura per recuperare quegli spazi. Questa è la nostra grande occasione».