La procura: la talpa dell’indagine è stata un magistrato

15 Novembre 2012

Affondo di Varone durante la requisitoria: «Senza Trifuoggi la nostra inchiesta sul malaffare sarebbe morta»

PESCARA. C’è «un magistrato» dietro la fuga di notizie che, un giorno dopo la partenza delle intercettazioni dell’inchiesta Ciclone, ne ha minato la segretezza. Un ex pm della procura di Pescara. Questo ha detto ieri il pm Gennaro Varone consegnando al presidente del collegio giudicante Carmelo De Santis un cd e 22 fascicoli per puntellare le accuse: «Fonti interne alla procura», ha messo a verbale Varone. Un pm senza nome e senza cognome ma, nel cd, è l’imputato Lamberto Di Pentima a rivelare chi è: lo fa durante un’intercettazione telefonica parlando del «cavaliere». È il «cavaliere» a «far sapere» agli indagati di «stare attenti e di parlare poco». Il pm ha consegnato a De Santis e ai giudici a latere Nicola Colantonio e Paolo Di Geronimo una memoria lunga decine di pagine.

È con gli indagati che sanno di essere sotto inchiesta, così ha ricostruito Varone in aula, che inizia la strategia del fango per screditare Nicola Zupo, l’ex capo della Mobile e oggi capo di gabinetto alla questura dell’Aquila: «Qui si colloca il ricatto a Zupo», ha rivelato Varone, «il senso è questo: se non te vai, noi ti distruggiamo». In un’altra intercettazione citata da Varone, Di Pentima racconta di un colloquio con un ex giudice: «Il Presidente vuole vedere morto il capo di Pavoncello». Pavoncello è il sostituto commissario Giancarlo Pavone e «il suo capo» non è altro che Zupo: al centro dell’intercettazione, «una campagna denigratoria» contro Zupo definita «una cosa geniale».

«L’8 maggio 2006 sono partite le intercettazioni, il 19 maggio Zupo mi ha messo per iscritto la sua volontà di astenersi», ha sottolineato Varone, «ma io e il procuratore capo Nicola Trifuoggi gli abbiamo detto di andare avanti. Gli imputati di questo processo pensavano che io fossi un pazzo e che Trifuoggi non ce la facesse a gestirmi. La verità è che se non ci fosse stato un procuratore come Trifuoggi quest’indagine sarebbe morta: è questo che volevano Cantagallo e gli altri. Loro non volevano rappresentare l’incompatibilità di Zupo a indagare a causa di una presunta relazione extraconiugale di cui non c’è traccia, loro volevano screditare e basta: questa è eliminazione professionale di un investigatore scomodo», ha affermato il pm, «qui le prove contro gli imputati sono pesanti come macigni e io sto ancora a parlare di Zupo. Guardate, c’è una conversazione del 12 luglio 2006 tra Cantagallo e Antonella Marsiglia: si parla del fatto che Marsiglia deve curarsi per una malattia. Ebbene non c’è un gesto di tenerezza, nessuna intimità. Ditemi voi», ha chiesto Varone ai giudici, «se questo è il comportamento di 2 persone che hanno appena chiuso una relazione».

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