L’appello di cinquanta commercianti: «Caramanico senza terme, ora la politica trovi soluzioni»

Sono quasi passati 4 anni dalla sentenza del tribunale di Pescara che, il 14 ottobre del 2021, ha dichiarato il fallimento della Società delle terme per un buco da 25 milioni di euro
CARAMANICO. «Caramanico ha il diritto di immaginare e costruire ancora un futuro. Un futuro che restituisca dignità al nome che porta: Caramanico Terme». Manca poco e poi saranno passati 4 anni dalla sentenza del tribunale di Pescara che, il 14 ottobre del 2021, ha dichiarato il fallimento della Società delle terme per un buco da 25 milioni di euro. Le terme di Caramanico, piegate da una crisi finanziaria decennale, erano chiuse già dall’anno precedente. E i commercianti che ancora resistono, in un paese con 25 negozi e 7 alberghi chiusi e una fuga di residenti, si sforzano di guardare al futuro: «Si avvicina il quinto anno di silenzio per le terme di Caramanico», dice Sara Campli, presidente di Cara Esercenti Caramanico, associazione che riunisce cinquanta attività, «cinque anni di un vuoto che ci pesa, ma che non ha spento la nostra resilienza. Le terme sono fallite, ma Caramanico no. Non lo siamo noi, che abbiamo scelto di vivere, investire e lavorare in questo paese, fieri custodi alle pendici della Maiella».
L’asta per la vendita giudiziaria dei due lotti – il primo con il complesso termale e l’albergo Maiella e il secondo con il centro benessere La Reserve – è andata deserta per sette volte consecutive e il valore è crollato fino a 8 milioni. E poi c’è un’altra procedura ancora aperta: in gioco c’è anche l’eterna ricchezza di Caramanico e cioè le sue acque sulfuree: la scadenza per trovare un gestore delle acque termali del pozzo Gisella, dopo la bocciatura del caso Virgo spa, è fissata al 15 ottobre prossimo.
«Ricordiamo tutti la Caramanico vibrante», continua Campli, «le file di autobus, le cure termali rinomate, i numerosi turisti che affollavano le vie del centro. Un paese vivo, un luogo perfetto per accogliere e prosperare, forse senza che ne fossimo pienamente consapevoli». A Caramanico arrivavano 30mila persone all’anno. «Oggi, cittadini e visitatori si interrogano», dice Campli, «come è possibile che tutto questo sia svanito? La politica, purtroppo, ci ha abituati a un triste copione di passerelle e promesse. Soluzioni “perfette” in campagna elettorale, colpe sempre attribuite alla parte avversa. Ma è tempo di onestà: le responsabilità sono diffuse».
A Caramanico le giornate passano sotto il segno dell’attesa: «Da novembre 2021, viviamo come se tutto fosse in pausa. Abbiamo imparato a sopravvivere», racconta Campli, «riscoprendo la forza inesauribile della nostra natura. L’aria buona, il clima gradevole e la maestosità della Maiella sono risorse che nessuno può toglierci. Eventi come i mercatini di Natale e le iniziative locali hanno riacceso una scintilla, riportando tanti abruzzesi da noi. Abbiamo rivisto le file di auto, abbiamo respirato ossigeno – anche se solo per brevi periodi – e molti imprenditori hanno ritrovato la forza di andare avanti».
L’associazione Cara Esercenti va avanti: «Sappiamo che l’offerta termale necessita di un profondo rinnovamento, di servizi più moderni e orientati al wellness. Esistono fondi per questo, e ci auguriamo che vengano impiegati con intelligenza e lungimiranza. Il cronoprogramma per i lavori prevede 5 anni, se tutto procede al meglio. Ma 5 anni sono un'eternità per chi, nel frattempo, deve resistere. Non vogliamo più ascoltare parole ridondanti e vane, né assistere a sterili litigi politici. Abbiamo già chiesto, invano, collaborazione e responsabilità alle istituzioni. Oggi, ribadiamo con forza: non ci interessano le colpe, ci interessa il futuro di Caramanico». E poi un appello alla politica: «Le terme non possono essere equiparate a una semplice azienda; nei secoli, sono state una risorsa vitale per l’intera collettività, ossigeno per il territorio della Maiella e fonte di benessere per un’utenza proveniente da tutta Italia. Chiediamo soluzioni concrete, non passerelle. Chiediamo unità, non divisioni. Chi ha la capacità di agire», dice Campli, «lo faccia per il bene comune. Prima che sia troppo tardi, prima che un’altra attività chiuda, un’altra famiglia sia costretta ad andarsene, un altro bambino lasci una classe già ridotta ai minimi termini».