L’incubo delle camerette: «Io vittima come le famiglie», parla l’imprenditore dei mobili

Il negozio di arredamento chiuso sulla Tiburtina
Il commerciante che era stato dato per irrintracciabile spiega la sua versione: «Sono stato bloccato dalla società madre, voglio rifornire quanto acquistato ma non so quando»
PESCARA. «La casa madre ci ha chiuso tutto il sistema operativo e quindi anche quello gestionale per cui non abbiamo più potuto operare. Abbiamo fatto denunce e richieste di risarcimento, anche noi siamo vittime». Il giorno dopo l’articolo del Centro sulle famiglie - almeno una ventina - che hanno pagato e sono rimaste senza mobili, ecco il titolare della società che gestisce il negozio di via Tiburtina dove le famiglie erano andate qualche mese fa per acquistare le camere dei figli. E che fino a ieri veniva dato da loro per irrintracciabile.
«Ho letto, sono stato messo alla berlina e voglio dire la mia», spiega al telefono. Il commerciante è amministratore della Cerbero srl, capitale sociale di 10mila euro, con la quale le famiglie hanno fatto i contratti. Sedie, scrivanie e letti colorati per i quali hanno lasciato acconti e versato caparre sulla somma complessiva che mediamente supera i due/tremila euro. A distanza di mesi né dei mobili, né del denaro versato hanno più visto l’ombra. E questo mentre il negozio è rimasto sbarrato e dove tuttora c’è un cartello “chiuso per inventario”.
L’attività di vendita riporta il nome di un noto brand dell’arredamento per i più piccoli, un marchio di rilievo nazionale per il quale operava in franchising o sotto altra formula (cessione di ramo d’azienda?). La prima domanda che rivolgiamo al commerciante è quando le famiglie potranno rivedere quanto hanno ordinato e pagato o in alternativa avere indietro il denaro che hanno versato. «Sarà il mio primo impegno», risponde, «punto a far ottenere ai clienti le loro camerette quando anche io sarò risarcito. Da chi? Dalla società madre, perché se io mi trovo in questa situazione è a causa sua».
Chiediamo di spiegare. E il commerciante racconta la sua di storia. In sostanza narra che il grande marchio gli ha negato la possibilità di operare alla fine di luglio perché lui aveva ricevuto un atto («che è tutto da vedere») da parte di un creditore che si era rivolto a sua volta anche alla società madre. «Da allora ci hanno staccato la parte operativa, non siamo in grado di accedere al gestionale dell’attività», riprende, «mi sono ritrovato impossibilitato ad operare senza preavviso e il mio avvocato si è rivolto e ha scritto più volte alla società chiedendo spiegazioni. In questa fase posso solo dirle che siamo in attesa di una decisione del magistrato perché noi crediamo di essere parte lesa e sosteniamo di dover essere risarciti per il danno subìto».
L’amministratore della Cerbero srl spiega che alla casa madre ha pagato contributi e rojalties fino a quando il contratto era in essere: «Non le devo versare i soldi che ricevo per aver venduto le camerette, né sono il tipo che fuggo con i soldi che incasso. Non stiamo parlando di grosse cifre». E allora perché non li restituisce alle famiglie che hanno pagato? «Guardi», risponde, «io ho risposto a tutti i clienti che mi hanno contattato e ho chiesto loro di aspettare perché io attendo di essere risarcito dall’altra società».
All’imprenditore e commerciante facciamo notare che le famiglie non sono d’accordo con quello che lui sostiene. Raccontano di essere state abbandonate e di aver perso i contatti e di essere rimaste quindi sole. Insomma, presumono che dietro vi sia una truffa. «Una truffa? Io non scappo, sarei pronto a recuperare ma ho le mani legate per motivi che vanno oltre la volontà di Cerbero srl».
L’imprenditore spiega di aver già spiegato la situazione anche ai carabinieri. E che i suoi venditori sono amici e parenti che conoscono la situazione. E al riguardo di presunti crediti con fornitori li esclude categoricamente: «Io mi rifornisco solo dalla società di quel noto marchio, non ho altri fornitori. Sono anni che lavoro a Pescara, non voglio rovinarmi la piazza», conclude. Ma le famiglie sono disposte a credergli e ad aspettare?
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