Maria, la madre coraggio premiata a Picciano

Un libro racconta la storia del figlio disabile cresciuto negli anni Sessanta senza assistenza sociale: la forza dell’esempio riconosciuta da Donne Vestine

PICCIANO. La grande testimonianza di fede di un ragazzo disabile e il coraggio di una madre, sono insieme un libro e un messaggio semplice quanto potente. A Picciano, in occasione della presentazione del volume «Peppino Evangelista gioia di amare», l’associazione Donne Vestine ha premiato Maria Cacciatore, «donna e mamma coraggio, che ha donato se stessa alla cura premurosa del figlio Peppino, con costanza e forza senza confini, esempio e modello di amore e di fede per le donne di tutta la comunità vestina».

Con questa motivazione il presidente di Donne Vestine, Silvia Di Salvatoreha reso omaggio a Maria per la tenacia con la quale ha messo la propria vita al servizio del figlio disabile che ha accudito, senza supporti economici esterni, fino alla sua morte. Maria oggi è una donna di 75 anni. É stata ed è ancora un esempio di lotta all’emarginazione e al pregiudizio sulla diversità. La storia di madre e figlio si racconta da sé, una storia di semplice eccezionalità.

Peppino nasce nella campagna di Piccianello nel 1960 da una famiglia di umili contadini. I suoi giochi, la sua giovinezza e poi la malattia sono racchiusi in quel lembo di terra che è il suo podere. A sette anni mostra i primi segni della distrofia muscolare, patologia i cui effetti e relative cure erano ancora poco conosciuti. Comincia qui il suo calvario tra gli ospedali abruzzesi e di tutta Italia, con enormi sacrifici, anche economici, da parte dei genitori.

La mamma, nonostante la malattia degenerativa impedisca al figlio di muoversi autonomamente, non si dà per vinta, e con grandi sforzi anche fisici, si carica il figlio sulle spalle ogni mattina e lo porta nella scuola elementare della frazione perché possa frequentarla come i coetanei. Quando passa alle medie, a Picciano, i genitori devono comprarsi l’automobile.

Crescendo, quel male lo consuma sempre più, ma in lui cresce anche una fede vigorosa, un’energia interiore che sa irradiare a chiunque gli stia intorno, a sua madre e ai tanti amici, quelli del paese e quelli conosciuti negli ospedali e nei pellegrinaggi, per i quali attraverso lettere, interventi alla radio e poesie, diventa un punto di riferimento, vivendo la sua sofferenza come un dono. La madre, sempre lì al suo fianco per superare i disagi della malattia, in un’epoca in cui la disabilità era vissuta come una vergogna, con il duro lavoro e la gioia non ha mai smesso di donarsi al figlio, in silenzio e con umiltà, trovandosi spesso a dover affrontare tutto da sola, fino alla morte di Peppino, nel 1981.

L’ampio carteggio lasciato da Peppino è oggi questo libro che Maria ha voluto fosse scritto perché la voce del figlio continui a parlare ai giovani, come ha ricordato anche don Elio Merighetto, il parroco che guidò Peppino nel suo cammino spirituale e che ha curato l’edizione di questo scritto.

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