Marito violento spaccia in casa, anche per lui l’avviso di arresto grazie alla riforma Nordio

L’invito per l’interrogatorio preventivo consente all’uomo di scoprire che i figli lo avevano accusato. L’intervento-lampo della procura evita ritorsioni sui bambini che avevano assistito ai maltrattamenti
PESCARA. Il campionario dei paradossi quotidiani innescati dalla legge Nordio si arricchisce di un caso emblematico. A Pescara, lo Stato ha inviato l’«avviso d’arresto» a un uomo che maltratta la moglie davanti ai figli piccoli. Un uomo che, non contento, gestisce lo spaccio di droga ricevendo i clienti direttamente in casa.
La legge, di fatto, gli ha recapitato un messaggio che suona così: caro marito violento e pusher, vorremmo arrestarti, ma la procedura ci impone di avvisarti. Vieni in tribunale tra cinque giorni, così ci racconti la tua versione e solo dopo decideremo. Questo invito cordiale in tribunale non è solo un capolavoro di burocrazia. È un grave pericolo per le vittime. Con quella notifica, lo Stato non solo avverte il criminale, ma gli consegna il fascicolo. Gli svela ogni addebito e, soprattutto, gli serve su un piatto d’argento l’identità di chi lo accusa. In questo caso: i suoi stessi figli minorenni.
Solo l’intervento-lampo della procura della Repubblica di Pescara, guidata da Giuseppe Bellelli, ha impedito che questa dinamica burocratica si trasformasse in una rappresaglia contro i bambini. Ma la storia resta, ed è il ritratto dell’ennesima, pericolosa stortura di una norma che non si limita a spalancare la porta ai ladri in fuga. Questa legge mette un bersaglio sulla schiena delle vittime. E si trasforma in un assist clamoroso e succulento per una categoria, quella degli spacciatori, che il governo a parole combatte, magari con la famosa citofonata del ministro Matteo Salvini che, a Bologna, chiedeva a un tunisino: «Lei spaccia?».
Il caso pescarese espone l’intero cortocircuito della norma. Qualche giorno fa, il pubblico ministero ha chiesto il carcere per un uomo indagato per maltrattamenti in famiglia, aggravati dalla presenza dei figli, e per spaccio. Non un delinquente qualsiasi: un personaggio già noto, che stava scontando una condanna definitiva in detenzione domiciliare. Un soggetto talmente spregiudicato da continuare a commettere reati pur avendo già ottenuto il beneficio di una misura alternativa al carcere.
Ed ecco il capolavoro del cortocircuito. Per i maltrattamenti, la legge voluta dal ministro Carlo Nordio esclude l’interrogatorio preventivo. Per lo spaccio, invece, lo impone. E il giudice per le indagini preliminari ha fissato l’interrogatorio. A quel punto, è scattata una corsa contro il tempo. L’indagato ora sapeva tutto. Il pericolo, tutt’altro che remoto, era che quell'uomo, letti gli agghiaccianti e sofferti racconti dei figli – che, al contrario della madre spaventata e reticente, lo avevano inchiodato – potesse vendicarsi. Il rischio era che quei bambini, già costretti ad assistere all’umiliazione costante della madre, diventassero l’oggetto di una ritorsione.
La procura ha dovuto agire su un doppio binario per aggirare il disastro della legge. Primo: ha attivato il tribunale per i minorenni dell’Aquila per strappare i piccoli da quel contesto familiare tossico. Secondo: ha chiesto al magistrato di sorveglianza la revoca immediata della detenzione domiciliare. Il piano per rimediare agli effetti sgraditi delle nuove norme è andato in porto: i bambini sono stati messi in sicurezza e il marito violento è finito in cella. L’emergenza è rientrata grazie a una sinergia tra magistrati che hanno dovuto tappare le falle della riforma. Ma resta l’ombra di una legge dagli effetti perversi, che può arrivare a mettere in pericolo persino due bambini che hanno avuto il coraggio di alzare il velo su una storia di violenze continue.
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