50 giorni dopo

Mutignano: «La nostra vita è stravolta ma nessuno ci ha chiesto scusa»

Nella contrada sconvolta dallo scoppio del gasdotto esplode la rabbia delle famiglie. Gli sfollati: «Perchè è successo? Abbiamo rischiato di morire tra le fiamme, ci hanno dimenticati»

PINETO. E’ come aprire una finestra e guardare le vite rimaste incastrate. La cronaca cancella ogni iperbole, ogni metafora, ogni aggettivo di cui ci siamo nutriti dal 6 marzo riportando tutto al senso ultimo di questa storia che è rabbia, solitudine, indignazione di chi non sa cosa è successo e cosa potrà ancora accadere.

Questa è la prosa brutale della realtà: a 50 giorni dall’esplosione del gasdotto in contrada Cretone restano gli alberi inceneriti, i tetti sollevati, la terra arsa, i generatori di corrente a sostituire quella dei tralicci fuori uso. E le vite sospese di uomini e donne. Come quella di Loredana Pavone che porta sul viso i segni dell’ ondata di fuoco che quella mattina la spinse a correre con i figli e l’anziana suocera (tutti finiti in ospedale). O come quella di Eugenio Ferretti che a 79 anni ha dovuto lasciare la sua casa, il suo orto e che quel giorno avrebbe fatto di tutto per salvare i suoi 135 conigli.

[[(Video) Mutignano, gli sfollati dimenticati]]

Eugenio, sua moglie Mariannina che di anni ne ha 77, i figli Claudio e Patrizio con le loro mogli Loredana e Annarita e i loro nipoti fino al 6 marzo vivevano tutti nella grande casa sulla sommità del colle. Quella di famiglia, quella ristrutturata a suon di mutui e sacrifici, ognuno nel suo appartamento. Oggi Patrizio, Annarita e i loro tre figli sono in un residence di Pineto. «Restiamo fino al 20 maggio», dice Patrizio, «poi comincia la stagione balneare, arrivano i turisti e forse dovremo spostarci». Claudio, Loredana, i loro due figli e gli anziani sono rimasti a Colle Cretone, in una casa presa in affitto che si trova a qualche metro dall’altra, quella grande a monte della conduttura esplosa che ora resta chiusa e circondata dai nastri bianchi e rossi del sequestro. «I cocci sono di chi li deve rimettere insieme per andare avanti», dice Loredana, «la nostra vita è stata stravolta. Noi non sappiamo niente di quello che accadrà e nessuno ci ha fatto le scuse per quello che è successo. La Snam, tramite una società assicuratrice, ci ha dato un anticipo, ma se penso solo a tutti i soldi spesi per comprare pomate per ustioni torno a dire che i cocci sono di chi li deve rimettere insieme. (Il resto del servizio sul giornale il Centro in edicola OGGI sabato 25 aprile).

 

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