Pescara, inchiesta antimafia: arrestati l’amministratore e il socio di Studioarredo

L’inchiesta di Reggio Calabria: gli imprenditori Brunozzi e Diani ai domiciliari per associazione finalizzata alla truffa. In carcere un ex politico reggino

PESCARA. Avrebbero affittato arredamenti per importi consistenti anche di 600 mila euro ad aziende calabresi e avrebbero «concordato» con un imprenditore di Reggio Calabria ed ex consigliere comunale reggino di centrodestra operazioni commerciali fittizie. Arriva fino a Pescara e scuote il mondo dell’arredamento l’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria per cui sono state arrestate 4 persone – 7 sono state iscritte sul registro degli indagati – con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più truffe aggravate per conseguire erogazioni pubbliche e alla predisposizione di false fatturazioni: agli arresti domiciliari sono finiti gli imprenditori Marcello Brunozzi, 61 anni, originario di Alfedena, socio e amministratore unico dell’azienda Studioarredo di San Giovanni Teatino e Sud arredamenti e il pescarese Rodolfo Diani di 57 anni, socio e procuratore speciale dell’azienda di arredamento. Sono questi i due nomi abruzzesi finiti nell’inchiesta del procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e del sostituto procuratore Stefano Musolino e per cui il giudice per le indagini preliminare ha disposto anche l’arresto ai domiciliari dell’imprenditore calabrese Giuseppe Croc é di 66 anni e l’arresto in carcere per l’ex consigliere di Reggio Calabria Domenico Giovanni Suraci, di 44 anni, detto Dominique. Nell’operazione condotta da Dia, carabinieri e Guardia di finanza sono stati sequestrati beni per 122 milioni di euro che riguardano svariate quote sociali di aziende tra cui anche quelle di Studioarredo, la ditta nata nel 1977 e la cui attività varca i confini dell’Abruzzo. L’operazione è stata chiamata Assenzio ed è il secondo troncone di un’altra inchiesta sempre di Reggio Calabria detta Sistema da cui gli abruzzesi sono estranei ma che tira in ballo ancora il nome di Suraci accusato di concorso in associazione mafiosa, intestazione fittizia e corruzione elettorale.

Suraci, come viene descritto dall’accusa, sarebbe un imprenditore che è riuscito a inserirsi nel settore commerciale della grande distribuzione reggina, gestendo di fatto per anni la S.G.S. group srl, titolare dei supermercati con il marchio Sma a Reggio Calabria. Nell’inchiesta Assenzio, Suraci figurerebbe come il «dominus» di varie operazioni finanziarie che sarebbe state illegittime e a cui avrebbero prestato una sorta di consulenza finanziaria gli imprenditori abruzzesi. Brunozzi e Diani sono stati interrogati e si sono difesi; la ditta Studioarredo è stata contattata ma non ha voluto rispondere.

Dice l’accusa che Brunozzi e Diani avrebbero «concordato ed eseguito con Suraci e Crocé operazioni commerciali fittizie, provvedendo ad emettere fatture per operazioni inesistenti e simulando i pagamenti in maniera tale da far apparire contabilmente una situazione non rispondente al vero finalizzata alla possibilità di stipulare contratti di locazione finanziaria di beni strumentali e/o acquisti di attrezzature fittizi o gonfiati, transazioni utili a consentire di accedere indebitamente al beneficio fiscale del credito d'imposta». I due imprenditori di Reggio Calabria, sempre per l’accusa, avrebbero invece «ideato e posto in essere tutte le attività propedeutiche per il perfezionamento del disegno: la cura dei rapporti con gli intermediari finanziari per la stipula di contratti di locazione finanziaria di beni strumentali, l'organizzazione, con il placet degli altri associati delle false o gonfiate operazioni commerciali oggetto dei leasing comprendenti l'emissione delle false fatture fino la simulazione dei relativi pagamenti».

Ancora gli imprenditori avrebbero «predisposto la documentazione necessaria per la stipula dei contratti di leasing da far firmare agli altri associati, l'organizzazione di operazioni commerciali triangolari necessarie per consentire la contabilizzazione delle operazioni fittizie, l'acquisto fittizio di attrezzature nonché il rientro delle somme fittiziamente pagate fino alla predisposizione di tutta la documentazione necessaria per poter accedere indebitamente al beneficio fiscale del credito d'imposta».

«Indiscusso artefice e principale esponente dell’associazione», viene descritto l’ex politico eletto nel 2007 nel consiglio comunale di Reggio Calabria con la lista Alleanza per Scopelliti. «Essenziali al meccanismo», è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari Domenico Santoro per definire Brunozzi e Diani che avrebbero «concordato ed eseguito, prima con Suraci e poi con Crocé, le operazioni commerciali fittizie». I due sarebbero stati pronti a fornire «false o gonfiate fatturazioni ad ogni richiesta del duo Suraci e Crocè». Nell’operazione, infine, sono stati sequestrati beni e quote societarie per circa 122 milioni di euro.

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