Porto, il dragaggio farsa costato 1,5 milioni

12 Giugno 2011

Petroliere bloccate e pescherecci danneggiati, i lavori finora si sono rivelati inutili: i fondali del porto continuano a essere insabbiati (foto). Catone invoca l’intervento della Corte dei conti

PESCARA. Un milione e mezzo di euro, per i lavori di escavo dei fondali che si sono rivelati, finora, completamente inutili. Il porto di Pescara continua ad avere i fondali completamente insabbiati. Il dragaggio tanto atteso è, forse, uno dei casi più eclatanti di spreco di denaro pubblico. Al punto che persino il sottosegretario all'Ambiente Giampiero Catone, qualche giorno fa in un'intervista al Centro, è arrivato ad invocare l'immediato intervento della Corte dei conti per fare chiarezza sulle eventuali responsabilità del provveditorato alle Opere pubbliche, stazione appaltante dell'intervento, della Regione e degli enti locali. Il precedente dragaggio risale al 2007 e da allora non è stato fatto più nulla.

In quattro anni lo scalo marittimo è diventato una sorta di enorme pozzanghera all'interno della quale non possono più entrare navi commerciali, petroliere e pescherecci più grandi. Sono state emanate dalla Direzione marittima due ordinanze per vietare l'ingresso a queste imbarcazioni. Il danno economico per le drammatiche condizioni del porto è da capogiro. Si parla di decine e decine di milioni di euro. Senza contare le aziende che hanno chiuso i battenti, perché non possono più lavorare e i dipendenti che hanno perso il posto.

LAVORI INUTILI Dopo numerosi annunci dei lavori e false partenze, si arriva all'autunno dell'anno scorso. In ottobre, il provveditorato fa una gara d'appalto per scegliere la ditta cui affidare l'intervento di dragaggio. I lavori vengono aggiudicati all'impresa Nicolaj, di Pescara, per un importo di 500mila euro. Fondi assegnati dalla Regione. Ma è sullo smaltimento dei fanghi che nascono i primi problemi. Si stabilisce che non possono essere gettati in mare, perché inquinati e non può essere utilizzata nemmeno la vasca di colmata del porto, in quanto non coibentata. Serve, quindi, un impianto a terra per lo smaltimento. Così, i costi salgono alle stelle. L'avvio dei lavori viene ritardato per attendere l'arrivo dal Belgio di una macchina speciale per la separazione dei sedimenti inquinati. Il dragaggio comincia nel febbraio scorso con un pontone che riesce a recuperare appena 150 metri cubi di fanghi al giorno. Fanghi che vengono stoccati in un impianto a Moscufo. In un mese e mezzo, vengono recuperati appena 2mila metri cubi. Un'inezia, rispetto alle reali necessità: bisognerebbe dragarne almeno 120mila per rendere di nuovo navigabile il porto commerciale e il canale.

SCATTA IL SEQUESTRO Nel frattempo, il provveditorato stanzia altri 1,9 milioni per il dragaggio del porto. L'intervento viene di nuovo affidato, senza gara e senza un progetto, all'impresa Nicolaj. L'obiettivo è dragare altri 17mila metri cubi. I lavori riprendono, ma a singhiozzo. Fino a quando, nel maggio scorso, i carabinieri del Noe sequestrano per due volte la discarica di Moscufo per presunte irregolarità nello smaltimento dei fanghi. Viene aperta un'inchiesta tuttora in corso. L'impresa riesce a dragare solo 7mila metri cubi, poi si ferma definitivamente, perché non ha più un impianto dove stoccare i fanghi.

ESPLODE LA PROTESTA Anche le petroliere si fermano. I fondali del porto sono talmente bassi che non consentono più l'ingresso delle navi. L'azienda di Di Properzio mette in ferie forzate una ventina di lavoratori, mentre l'agenzia doganale licenzia due dipendenti. La Snav chiede rassicurazioni per riprendere il collegamento estivo con la Croazia, dal 23 luglio. I pescatori, stufi per i danni subiti alle loro imbarcazioni a causa dei fondali ridotti, fanno partire la protesta. Si radunano davanti alla Direzione marittima, dove si registrano scontri violenti. Poi, la marineria occupa l'Asse attrezzato. La protesta viene ripetuta anche in seguito. TESTA COMMISSARIO Interviene il governo. Prende in mano la situazione Catone, appena nominato sottosegretario, il quale convoca una riunione in prefettura con i rappresentanti di tutte le istituzioni competenti e i dirigenti di due ministeri, mentre l'assessore regionale alla pesca Mauro Febbo si occupa della richiesta dei contributi per i pescatori danneggiati. La riunione in prefettura si conclude con l'annuncio della revoca del precedente appalto e l'avvio di un nuovo dragaggio, più veloce e meno costoso. Ma tutto dipende dalle analisi dei fanghi affidate di nuovo all'Arta. Sulla base dei risultati si deciderà se gettare o no i sedimenti in mare. Mercoledì scorso, in una riunione a Roma con il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, si decide la nomina a commissario per il porto del presidente della Provincia Guerino Testa. E' l'incarico rifiutato in precedenza da Adriano Goio.

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