Addio a Guido Venturoni: l’omaggio dei teramani all’ammiraglio

Domani lutto cittadino in occasione del funerale, poi l’ex capo di Stato maggiore verrà commemorato in consiglio
TERAMO. Le esequie ufficiali dell’ammiraglio teramano Guido Venturoni, morto domenica all’età di 91 anni, saranno celebrate domani alle 11 a Roma, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, alla presenza di alte cariche dello Stato e dei vertici delle forze armate. Ci sarà anche un bel pezzo di Teramo: oltre ai tanti parenti teramani il sindaco Gianguido D’Alberto, la vice sindaca Stefania Di Padova e il gonfalone della città. Sentito il prefetto, la giunta comunale ha proclamato il lutto cittadino in concomitanza con i funerali. Si legge in una nota del Comune: «Interpretando il comune sentimento di cordoglio, di rispetto e di partecipazione al dolore dei famigliari e della comunità teramana, viene disposto che vengano osservate le seguenti prescrizioni: l’esposizione a mezz’asta delle bandiere poste nel Palazzo del Comune, in segno di lutto; la partecipazione del Gonfalone alla cerimonia funebre; il ricordo commemorativo nella prima seduta del consiglio comunale». «All’ammiraglio Venturoni», aggiunge il sindaco, «vanno il nostro pensiero e la nostra profonda gratitudine, così come alla sua famiglia alla quale ci stringiamo in un abbraccio».
LA TUMULAZIONE
La cerimonia forse più sentita di domani, però, sarà – nel pomeriggio, non prima delle 15 – la tumulazione di Venturoni nella cappella di famiglia, nel cimitero teramano di Cartecchio. L’ammiraglio aveva espressamente chiesto di riposare accanto ai genitori e ai fratelli; così, dopo il funerale, la moglie Giuliana e i figli Paolo, Roberto e Isabella lo accompagneranno per l’ultima volta nella sua Teramo, la città in cui nacque nel 1934 e da cui, appena diplomato al liceo Delfico, andò via nel 1952 per entrare all’accademia navale di Livorno, ma che non aveva mai smesso di sentire propria. La conferma più recente di questo legame mai reciso era arrivata nel 2015, quando l’ammiraglio allora 81enne venne a Teramo a presentare il suo libro di memorie, “Il giornale di chiesuola dell’ammiraglio”, nel cui sottotitolo (“Ricordi e diario di un ragazzo di campagna”) c’è un’orgogliosa rivendicazione delle proprie origini. Perché dalla campagna teramana (Castrogno e San Pietro ad Lacum) venivano i genitori, e perché la casa di via Aeroporto in cui Guido nacque era, allora, costeggiata da campi e orti. L’unica altra abitazione vicina era quella in cui venne alla luce il quasi coetaneo Marco Pannella. Da questo contesto, da una famiglia che aveva preso il cosiddetto “ascensore sociale” (i genitori scesi in città e convertiti in commercianti di successo, i loro sei figli che sarebbero diventati tutti professionisti o comunque figure apicali nei rispettivi campi), il giovane Guido trasse lo slancio per fare una scelta, la carriera militare in Marina, che allora sorprese tutti. E non lo ha mai dimenticato.
L’EREDITÀ CHE LASCIA
La carriera di Venturoni è stata straordinaria: capo di Stato maggiore della Marina e della Difesa, primo italiano a presiedere il comitato militare della Nato. Ma quasi nessuno va al di là di quelle cariche e sa qual è stato il contributo dell’ammiraglio teramano allo sviluppo delle forze armate italiane e al prestigio internazionale del Paese. Ebbene, basta scorrere le pagine delle sue memorie per capirlo. Se esiste un'aviazione navale in Italia, buona parte del merito – prima per la pianificazione, poi per la fermezza nel sostenere il progetto e vincere le resistenze – è sua. Se i rapporti tra le forze armate e la stampa, pessimi per decenni, si sono rasserenati a partire dagli anni Novanta, è anche perché lui ha lavorato a questo scopo. Sempre negli anni Novanta, se l'Italia si è impegnata e ha avuto un ruolo in missioni internazionali di pace (Libano, Bosnia, Somalia, Albania e Kossovo), è stato per l'opera di persuasione condotta (anche) da Venturoni sui nostri vertici politici. Per non parlare della gestione fredda ed efficace di diverse crisi, una su tutte l’evacuazione dei nostri connazionali dal Ruanda durante il genocidio del 1994, decisa in prima persona dall’ammiraglio mentre il Governo era dimissionario. Insomma, se n’è andato un gigante del mondo militare. La sua Teramo, di qui agli anni a venire, non potrà non onorarlo come merita.
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