Il Centro nel cuore di Teramo: Melozzi show, canta e incanta

4 Dicembre 2025

Il maestro si racconta al direttore Telese. Giornalisti e studenti protagonisti dell’evento. Il messaggio di Parisse ai ragazzi: «Leggete i giornali»

TERAMO. L’energia, i racconti e le provocazioni del maestro Enrico Melozzi hanno scaldato l’incontro del Centro con la città di Teramo. Incontro che, se gli si volesse dare una colonna sonora, non potrebbe che essere “Monna Lisa”. Il brano di Ivan Graziani è stato intonato da Melozzi a fine mattinata, con un duetto tentato insieme al direttore Luca Telese. Un sigillo di teramanità su una giornata che ha visto il giornalismo parlare di sé e ascoltare, chiedere e condividere. Il Centro, nel suo tour nelle città d’Abruzzo, ieri ha fatto tappa nella sala ipogea e il mattatore è stato il maestro Melozzi che proprio a Teramo è nato e cresciuto. E non solo: qui ha studiato, suonato, occupato spazi e condotto battaglie culturali ancora vive nella memoria collettiva.

A intervistarlo è stato il direttore Telese: un confronto che ha coinvolto direttamente i ragazzi e le ragazze del convitto liceo Delfico presenti in sala. Una chiacchierata fuori dagli schemi e dai protocolli, come si conviene quando l’interlocutore è un artista “scomposto”, di quelli che parlano a viso aperto, senza fronzoli, tra una battuta in dialetto e un’ostinata visione politica (nel senso più puro del termine) della cultura. Alla sua Teramo Melozzi è rimasto sempre profondamente, e anche orgogliosamente, legato. Lo ha dimostrato ieri, nel dialogo con Telese: nel riavvolgere il nastro degli anni del liceo e del conservatorio, ha mostrato quanto quel “ragazzo” di allora sia ancora prepotentemente presente in ciò che il maestro oggi è e in ciò che fa.

Le assemblee-concerto al liceo classico Delfico e gli studi al Braga, la passione per la musica e la condivisione coi coetanei di esperienze artistiche. Ma anche la “stroncatura” del maestro Ennio Morricone a uno spartito che Melozzi gli consegnò durante una visita a Teramo: «Mi traumatizzò con parole molto dure: il mio voleva essere un omaggio a lui e alla sua musica. Non gli piacquero le mie variazioni. Mi scoraggiai molto, ma non mollai. Anzi, imparai una grande lezione: i giovani non vanno incoraggiati a tutti i costi. Il suo messaggio voleva essere: vediamo quanta forza hai, se vai avanti o molli. Non ho mollato», ha detto Melozzi che in ogni suo racconto ha voluto consegnare un messaggio ai giovani presenti in sala.

Il più diretto, inizialmente equivocato da un’insegnante tanto da innescare un battibecco, è stato: «Rischiate la galera se le vostre idee valgono». Secco e provocatorio, come nel suo stile. Parole collegate al racconto dell’occupazione degli spazi ex Oviesse in città nel 2014: Melozzi e diversi artisti volevano che la comunità teramana si riappropriasse di quello che era stato il teatro e che all’epoca era vuoto. Una vicenda che fece molto rumore e che è costata un processo al maestro e ad altri. Ma «quella battaglia era giusta e ha dato i frutti», ha detto Melozzi facendo riferimento ai lavori di ristrutturazione ora in corso nell’edificio che tornerà ad essere un vero spazio culturale. Un vero teatro. «Gli spazi a Teramo sono pochi, bene questo che arriverà. Più spazi per i giovani significa dare loro la possibilità di fare, di creare, di stare insieme. È ciò che serve», ha detto il maestro auspicando la nascita di sale di produzione e di altri teatri in città.

Sollecitato da Telese, Melozzi ha raccontato le esperienze sanremesi, la Notte dei serpenti e la sua visione di Teramo come città a vocazione culturale. Poi il microfono è passato agli studenti che lo hanno intervistato e che a sua volta ha intervistato spronandoli a «credere in ciò che volete fare, il destino ve lo costruite voi», ha detto loro. Applausi, foto, abbracci, promesse di condividere progetti. Protagonista della mattinata, condotta dal giornalista Alex De Palo, è stato poi il giornalismo: quello autentico, quello portato sulle pagine del Centro da professionisti che hanno dedicato una vita intera a raccontare l’Abruzzo. Come ha fatto Dino Venturoni, al Centro dal primo giorno della sua fondazione: 1986. Una lunga avventura quella del giornalista teramano, che dal 1997 è caposervizio della redazione di Teramo, giunta al termine: Venturoni è prossimo alla pensione e ieri il suo è stato un saluto e un bilancio di quarant’anni di mestiere. Ha tratteggiato un quadro del giornalismo contemporaneo, dell’evoluzione che ha subito il mondo dell’informazione e del grande lavoro che c’è dietro un giornale cartaceo.

Venturoni ha ricordato come la redazione del Centro di Teramo abbia dovuto confrontarsi negli anni con una concorrenza «non presente in altre province», ha detto facendo riferimento ai giornali cartacei che in passato hanno avuto una certa vitalità sul territorio rappresentando una forte concorrenza. «Qui abbiamo combattuto una battaglia sotto questo punto di vista che altrove non è stata combattuta: ma siamo sempre usciti vincenti, facendo leva soprattutto sulla credibilità. Questo è il fattore che deve caratterizzare la nostra professione», ha detto Venturoni rimarcando la bellezza del mestiere, la fatica che nasconde e l’importanza di aziende editoriali solide per garantire un’ informazione di qualità. La sua analisi lucida e i saluti ai colleghi, il cui abbraccio è stato sentito e sincero, non sono stati privi di emozione né per lui e per chi con lui ha condiviso dei tratti di strada.

Chi di strada ne ha percorsa tanta, raccogliendo storie, dolori e bellezza del territorio, è stato Giustino Parisse. Giornalista aquilano del Centro, con un’esperienza lunghissima alle spalle e un modello di giornalismo che ieri ha voluto condividere. Intervistato dal giornalista Domenico Ranieri, caporedattore del Centro, Parisse è stato firma di punta del quotidiano durante il sisma dell’Aquila del 2009. Una tragedia collettiva che per il giornalista è stata anche una tragedia personale. Nel terremoto ha perso la famiglia ma con forza, coraggio e professionalità, lui quel sisma lo ha raccontato dall’inizio alla fine. Fine che ancora non è stata scritta, perché il capoluogo sta portando avanti la rinascita da una ferita che nel cuore degli aquilani non si chiuderà mai. Parisse ha parlato del giornalismo e di come questo non possa prescindere «dalla presenza nei luoghi e nelle strade», invitando i giovani ad avvicinarsi alla carta stampata perché «qui trovate le storie, quelle belle da leggere, sulle quali fermarsi», ha detto il giornalista riconoscendo al direttore Telese il merito di aver indirizzato su questa linea il Centro.

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