Violenza sessuale sul lungomare, il branco rimane ai domiciliari: «Gli indizi sono gravi»

4 Settembre 2025

Solo uno torna in libertà, per gli altri respinte le richieste di permessi per motivi di studio o lavoro. La Procura potrebbe chiedere un incidente probatorio per sentire la ventenne che ha denunciato

TERAMO. Il branco rimane agli arresti domiciliari (solo uno dei torna in libertà) perché per il giudice «il quadro indiziario resta grave». Evidentemente anche dopo gli interrogatori di garanzia in cui i sette ragazzi di Sant’Egidio alla Vibrata arrestati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo su una ventenne hanno respinto le accuse a loro carico. Il giudice Lorenzo Prudenzano ha rigettato sia le richieste di revoca o sostituzione degli arresti sia le istanze per la concessione di permessi per andare a scuola, sostenere degli esami universitari o recarsi al lavoro.

Solo uno dei sette, un 23enne, è stato scarcerato. La difesa (rappresentata dall’avvocata Silvia Morganti) ha prodotto una certificazione medica su una menomazione fisica del ragazzo che lo rende facilmente riconoscibile e che ha permesso di accertare che al momento della rissa e dei successivi presunti palpeggiamenti era in un bar. Per gli altri sei (assistiti dagli avvocati Alessandro Angelozzi, Florindo Tribotti, Stefano Chiodini e Dalida De Berardinis) istanze tutte respinte. Ora non è escluso che qualche legale possa scegliere di fare ricorso al Riesame.

Nel frattempo le indagini vanno avanti e non si esclude che la Procura possa decidere di chiedere un incidente probatorio per cristallizzare la versione della ragazza che con la sua denuncia ha fatto scattare l’inchiesta. Le indagini sono state portate avanti dai carabinieri della compagnia di Alba Adriatica su delega della pm Enrica Medori. Gli indagati complessivamente sono 12 tra cui due minorenni per cui gli atti sono stati stralciati alla competente Procura aquilana La violenza è esplosa nella notte del 12 luglio sul lungomare di Tortoreto.

Qui la ragazza e il suo fidanzato, che erano in compagnia di altri amici, sono intervenuti per soccorrere un 18enne poco prima aggredito dal branco e successivamente finito in ospedale con una prognosi di un mese. Da un momento all’altro i due si sono ritrovati accerchiati dal gruppo di ragazzi di Sant’Egidio che – sostiene l’accusa – hanno picchiato il giovane sferrandogli un pugno a un occhio, facendolo cadere a terra dopo averlo preso a calci e derubato di una catenina d’oro. Contemporaneamente, sempre secondo l’accusa, hanno aggredito la ragazza strappandole la maglietta e la biancheria e toccandola nelle parti intime.

E chi non lo ha fatto, è rimasto a guardare senza fermare gli altri. Un punto, quest’ultimo, che il giudice ha ben evidenziato nel passaggio dell’ordinanza in cui ha scritto: «Il fatto tipico ammette anche la sola presenza del compartecipe sul luogo del fatto quando detta presenza agevoli concretamente l’abuso sessuale posto in essere da parte del correo o dei correi, anche solo rafforzando il proposto di costoro o influendo sulla capacità di resistenza della vittima». Il che, fuori dai tecnicismi giuridici, significa che chi non ha partecipato all’azione non ha fatto niente per evitare che avvenisse. Ha scritto a questo proposito il gip: «L’accerchiamento da parte dell’interro branco, costituito dagli indagati, impediva alla giovane di attuare una reazione efficace e di allontanarsi agevolmente».

Dopo i fatti la ragazza è stata prima contattata per non denunciare e successivamente, insieme al fidanzato, minacciata di morte qualora avesse denunciato. «Con», ha scritto a questo proposito il giudice nell’ordinanza, «modalità commissive espressione dell’inclinazione degli indagati a perdere facilmente i freni inibitori, agire in branco, perpetrare violenze eclatanti quanto insensate».

Per il magistrato, così ha scritto nell’atto, «misure cautelari meno afflittive appaiono destinate all’inefficacia poiché è del tutto da escludere che gli indagati siano dotati di adeguata capacità di autogoverno responsabile e siano in grado di rispettare autonomamente le blande prescrizioni cautelari non implicanti la custodia astenendosi dal reiterare condotte delittuose». E ancora: «Le esigenze cautelari vanno ritenute attuali e concrete: i fatti risalgono a poche settimane fa e non emergono mutamenti delle condizioni personali e sociali degli indagati che consentano di ritenere come gli stessi abbiano abbandonato uno stile di vita votato alla violenza e alla prevaricazione, senza dire dei tentativi di avvicinamento dopo i fatti.

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