Droga in Abruzzo proveniente da Belgio e Olanda. Guerra tra bande, prime condanne: inflitti 35 anni

Maxi inchiesta con 44 imputati. La sentenza con il rito abbreviato conferma l’esistenza di un gruppo armato che trafficava eronia e cocaina. I carichi milionari arrivavano nascosti in vani segreti delle auto e dentro i camion
CHIETI. Non è più soltanto un’ipotesi investigativa. L’esistenza di un gruppo armato in Abruzzo, capace di controllare il traffico di cocaina ed eroina importate da Belgio e Olanda, è ora un fatto accertato da una sentenza. Quella banda spregiudicata, pronta alla guerra con altre gang per allargare il suo mercato nelle Marche, in Emilia Romagna e in Lombardia, ha ora ricevuto il primo verdetto dal tribunale dell’Aquila, competente per questo tipo di reati. Due sere fa, il giudice per l’udienza preliminare Marco Billi ha emesso tre condanne nell’ambito dell’inchiesta con 44 imputati condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Chieti, sotto il coordinamento dei pubblici ministeri Giancarlo Ciani e Stefano Gallo. Per alcuni vertici albanesi del sodalizio, attivo dal 2019, sono arrivate pene pesanti: otto anni a Gjysho Bana, 12 anni a Miklovan Ziu e 15 anni, un mese e dieci giorni a Brikeli Ziu.
Tutti e tre sono stati riconosciuti colpevoli di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e hanno beneficiato dello sconto di un terzo della pena per la scelta del rito abbreviato. Assolti Gianluca Spinelli e Massimo Bevilacqua (perché il fatto non sussiste), mentre è arrivato il proscioglimento per Walter Baez, Danilo Latanza, Luca Nesci, Leonard Spahiu e Alfred Tusha. Gli altri imputati, se si esclude qualche posizione stralciata per irreperibilità, sono stati rinviati a giudizio.
L’inchiesta ha svelato un meccanismo rodato: carichi milionari di droga pura al 95%, nascosti in vani segreti sotto i sedili delle auto o tra serbatoi e cabine dei camion. Non solo fiumi di eroina e cocaina, ma anche violenza. Pestaggi e intimidazioni erano all'ordine del giorno: ai clienti insolventi veniva puntata una pistola contro. L’organizzazione, guidata da cittadini albanesi con la complicità di italiani – teatini, pescaresi e teramani, alcuni incensurati e con lavori apparentemente regolari – smistava lo stupefacente usando nascondigli ingegnosi, sotterrandolo o infilandolo nei tronchi degli alberi.
C’era chi si occupava del recupero crediti con la forza. Due imputati, ad esempio, hanno picchiato un cliente e hanno terrorizzato il padre di un altro acquirente finito in arresto, puntandogli un’arma contro. Una microspia dei carabinieri ha persino captato un «rumore compatibile con lo scarrellamento di un’arma». In questo modo, stando alle accuse, hanno costretto i due «a promettere l’immediata consegna di 100mila euro come residuo di pagamento di una fornitura di tre chili di cocaina». Minaccia efficace: pochi giorni dopo, il genitore ha consegnato un acconto di 8.000 euro.
L’operazione è stata battezzata Alento, dal fiume sul cui argine, a Francavilla al Mare, vicino allo stadio Valle Anzuca, i militari hanno recuperato un chilo e mezzo di eroina in una scatola nascosta tra la vegetazione. Quello è stato un momento di svolta. Seguendo un viaggio di un indagato e tre complici in Belgio e Olanda, gli investigatori hanno avuto conferma del principale canale di approvvigionamento. Attraverso la cooperazione internazionale, la polizia tedesca ha fermato i corrieri al rientro: una Jeep Renegade faceva da staffetta a una Mercedes ML. Sotto il sedile del guidatore di quest’ultima, in un vano foderato in «materiale plastico refrattario», quindi utile a schermarne il contenuto da eventuali scanner ottici, c’erano oltre cinque chili e mezzo di cocaina pura al 95%.
Un episodio chiave risale al novembre 2019. I fratelli Ziu, Bana, titolare di un’impresa per il trasporto merci su strada, e Armand Veliu (altro imputato principale) acquistano tra Olanda e Belgio 30 chili di cocaina del valore di 900mila euro. Ma il carico non arriva. Miklovan, alla guida del Tir, viene rapinato. È Armand a raccontarlo il 18 novembre, intercettato in auto dai carabinieri. Quella stessa sera, Veliu e Bana partono da Pescara per l’aeroporto di Bologna e volano a Charleroi. Pochi giorni dopo, il 25 novembre, i fratelli Ziu recuperano l’Alfa Romeo di Bana a Bologna e, dopo aver inutilmente tentato di acquistare biglietti aerei per il Belgio, a bordo della stessa auto raggiungono Anversa, dove si incontrano con Veliu e Bana.
«Di particolare interesse investigativo», raccontano le carte dell’inchiesta, «si rivelano le conversazioni scambiate tra i due fratelli nel corso del lungo viaggio d’andata, avendo costoro commentato, in tutta libertà e in maniera più che esplicita, la subita sottrazione del carico di cocaina, del peso di 30 chili, da parte di tre uomini incappucciati e armati di pistola, oltre che le percosse ricevute». Durante il viaggio di rientro in Italia emergono ulteriori dettagli dell’operazione di importazione fallita e di come il viaggio di Veliu e Bana sia stato funzionale «a chiarire con soggetti non identificati la dinamica della rapina, a concordare le modalità del saldo dell’importo comunque dovuto e a identificarne gli autori, verosimilmente coincidenti con coloro che avevano consegnato al trasportatore lo stupefacente».
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