Le gesta dei Sanniti, popolo antico ignorato nelle scuole

28 Dicembre 2013

SCHIAVI D’ABRUZZO. Un popolo fiero e combattivo quasi scomparso dai libri scolastici. Furono gli storici romani, con l’eccezione di Livio, a ignorare le gesta dei Sanniti, antica popolazione italica...

SCHIAVI D’ABRUZZO. Un popolo fiero e combattivo quasi scomparso dai libri scolastici. Furono gli storici romani, con l’eccezione di Livio, a ignorare le gesta dei Sanniti, antica popolazione italica che dapprima si oppose strenuamente all’espansionismo dei Romani, e poi ne divenne leale alleato per finire stritolato ed emarginato dalle centurie dell’Urbe che ammetteva solo alleati sottomessi, “socii”, ma privi di autonomia reale. Davide Aquilano, tra le ultime leve degli studiosi del Sannio, stigmatizza le caratteristiche di questa antica popolazione italica presentando e guidando un convegno nel piccolo e interessante Museo archeologico di Schiavin d’Abruzzo, ricco di reperti provenienti dall’area sacra dei due templi localizzati in località Taverna, e rivisitati con foto e proiezioni di power point che hanno fatto da bilancia agli interventi corposi di alcuni studiosi del settore.

Primo tra tutti Adriano La Regina, ex sovrintendente di Roma che ai Sanniti ha dedicato anni di studio e di approfondimenti, vera guida in questi territori ricchi di reperti che ne fanno, ha detto più volte Aquilano, un «museo all’aperto», tanto che svariati pezzi dei tempietti sono integrati in case, ville, stalle e povere abitazioni della gente del posto, che involontariamente ha obbedito all’antica legge dell’edilizia popolare: riutilizzare il già usato e non buttare via niente.

Insieme a La Regina sono intervenuti Sandra La Penna della Sovrintendenza di Chieti, Gianfranco De Benedittis e Domenico Caiazza. Da questi interventi è venuto fuori un mondo dell’altroieri che vive tutt’oggi se si dà un’occhiata, tra le altre cose, ai terrazzamenti di Monte Vairano, in Campania, opere artificiali su cui si incrociava una viabilità ortogonale che rendeva agevoli i traffici e i commerci di questa enorme regione dell’Italia centro-meridionale che accoglieva indifferentemente anfore provenienti da Marsiglia o da Tunisi (Cartagine), e che si allungava verso le coste adriatiche per collegarsi con l’Oriente ellenico.

La lingua dei Sanniti era l’osco, scritto da destra a sinistra, come l’etrusco con cui era imparentato grazie al collegamento di Capua, una delle capitali di questo popolo diviso in tante tribù. La Campania sannitica era davvero la “Campania felix” per la grande fertilità rurale, ma il centro rimane tra queste montagne selvagge e innevate dell’Abruzzo meridionale e Molise, sulle quali svetta - come un isolotto tra le nubi - un paesino che deve il suo nome balcanico alle deportazioni di schiavi operate dai normanni cinquecento anni prima delle grandi emigrazioni slave su questi territori. Saper leggere toponimi, paesaggi e pietre sparse rimane una grande sfida per studiosi e curiosi che non si accontentano di vivere in un mondo commercializzato e senz’anima. Una spinta viene anche dalla letteratura, che si affaccia sull’antico Sannio con un romanzo storico di Nicola Mastronardi, "Vitaliù" (Itaca editore), che i licei di Vasto e Lanciano stanno adottando. Alla faccia dei burocrati ministeriali.

Gino Melchiorre

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