Come contrastare la crisi? Provare i negozi a tempo

Piano di Pellegrino (Cescot) e Leonarduzzi (Confesercenti) presentato in Comune «In città troppi locali sfitti, contratti da uno a tre mesi per abbattere costi e tasse»

SULMONA. Saracinesche abbassate da un giorno all’altro, cartelli di affittasi sbiaditi dal tempo e interi tratti del Corso desertificati. La crisi del commercio in città non si riscontra solo nelle ultime chiusure, ma soprattutto nelle domande presentate per l’apertura di nuove attività, ormai in caduta libera. Le richieste, infatti, sono passate dalle 61 del 2013 alle 44 dell’anno scorso. Ben 17 in meno, che sommate alle 37 chiusure del 2014, contro le 29 dell’anno precedente, fotografano la crisi di quella che era l’ultima frontiera dell’economia sulmonese.

Non tutto è perduto, però, secondo Angelo Pellegrino, direttore del Cescot, e Pietro Leonarduzzi, vicepresidente della Confesercenti, che lanciano la proposta dei temporary shop. I negozi a tempo, una realtà consolidata in molte parti del Paese, dell’Europa e degli Stati Uniti, potrebbero essere la soluzione contro la desertificazione del centro storico e i locali rimasti sfitti troppo a lungo. In pratica, il proprietario mette a disposizione gli spazi. Il Comune e gli altri partner gestiscono l’aspetto finanziario e giuridico, stipulando i contratti per la cessione dell’immobile per un periodo da uno a tre mesi.

I commercianti e le associazioni usufruiscono dei locali, anche in piccoli gruppi, creando una rete e pubblicizzando prodotti ed eventi attraverso un’adeguata e incisiva azione di marketing. Il risultato? La rivitalizzazione del centro storico e di altre aree strategiche della città, a detta di Pellegrino e Leonarduzzi.

«In sostanza, in un contesto generale di crisi economica, questa formula commerciale può costituire un modo innovativo per presentare nuovi prodotti e servizi in grado di intercettare il consumatore e di contrastare il calo significativo delle vendite» fanno notare Leonarduzzi e Pellegrino «il temporary shop può anche rappresentare l’occasione per tenere aperti immobili commerciali in attesa di un insediamento stabile di un’attività economica; quindi utile strumento per assicurare la competitività delle varie aree della città». La soluzione, dunque, sarebbe alla portata di tutti. «Si tratta di un intervento utile per combattere la piaga dei negozi che continuano ad aprire e a chiudere in città, soprattutto perché cadono sotto l’azione di una crisi generale incessante e di una tassazione ai limiti della sopportazione» aggiungono i due «ma il centro e la città tutta non possono spegnersi. E qui interviene il progetto di temporary shop. Un intervento utile per riempire i negozi sfitti nel centro storico, abbattere i costi e scongiurare così la desertificazione delle zone più a rischio. In Italia le prime attività sono state fatte dal Comune di Genova e da quello di Bologna. E molti altri si stanno organizzando».

Federica Pantano

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