Il dolore di amici e parenti «Morto dove amava stare»

20 Gennaio 2013

In tanti all’obitorio di Pescara per stringersi attorno alla famiglia di Castiglione Lo strazio di Penne per i due giovani scomparsi: «Una mazzata per tutti noi»

PESCARA. «È tornato a casa sua. È morto dove amava di più stare». Le parole di un amico raccontano molto di Lanfranco Castiglione, il giovane pescarese di origini pennesi morto sul monte Pratello insieme al suo amico Fabrizio Di Giansante, pennese di 36 anni. «Lanfranco era una persona splendida», racconta Matteo, un ex compagno di scuola, «era solare, gioviale, sempre col sorriso sulle labbra. A scuola faceva sempre scherzi. Era un grande. Aveva questa passione fortissima per la montagna da sempre. Andavamo a sciare insieme, poi lui è diventato guida alpina. Ed è morto per il suo amore, per quella passione che l’ha tradito».

Insieme a Matteo anche tanti altri amici ieri pomeriggio hanno affollato l’obitorio dell’ospedale per salutare Lanfranco e per abbracciare il padre Nicola Castiglione, promotore finanziario, la madre Valentina Salvatore e le sorelle Claudia e Giuliana. Tra loro anche il presidente del Pescara, Daniele Sebastiani, amico di famiglia. «Lanfranco era un ragazzo entusiasta», racconta commosso un altro amico del padre, «e faceva questo sport in modo altruistico, aiutando gli altri come soccorritore. È morto facendo quello che gli piaceva».

La famiglia Castiglione, che ha origini a Penne dove vivono ancora alcuni parenti, è molto conosciuta a Pescara. Il nonno materno di Lanfranco, infatti, per molti anni è stato agente generale dell’Ina mentre lo zio Gianluca è uno dei soci dello stabilimento balneare Nettuno, dove anche Lanfranco ha lavorato qualche anno fa . «Era un ragazzo diligente, bravo, educato, simpatico, brillante: un istrione. Ed era intelligente come il padre e la madre, due persone davvero speciali, molto per bene», racconta l’altro socio del Nettuno, Stefano Cardelli. La morte dei due ragazzi ha commosso tutta Penne, dove Lanfranco frequentava il Cai insieme a Fabrizio Di Giansante. «Erano due bravi ragazzi, molto esperti», dice Luciano Gelsumino, storico socio del Cai pennese e segretario ai tempi in cui il club era presieduto dal nonno da cui Lanfranco ha preso il nome, «Lanfranco era un ragazzo brillante, non uno scapestrato. Anche Fabrizio era molto bravo, esperto, aveva partecipato anche a spedizioni extraeuropee. L’avevo incontrato una settimana fa mentre portava a spasso il bimbo che gli era nato da poco».

Fabrizio, sposato da poco con Francesca Merini e padre di un bimbo di pochi mesi, negli ultimi tempi si stava dedicando anima e corpo a costruire una nuova casa per la sua famiglia. «Strano il destino», hanno detto alcuni amici che condividevano la stessa passione dei due, «erano esperti, sapevano il fatto loro nonostante la giovane età, eppure la montagna non li ha risparmiati. E’ stata una mazzata per tutti noi». Sconvolti anche i ragazzi del Cai di Penne, in cui Fabrizio e Lanfranco erano parte integrante della squadra di soccorso, il primo come vicecapostazione e tecnico di elisoccorso, il secondo come volontario. Più volte Fabrizio aveva portato a termine operazioni di soccorso brillantemente.

Anche i membri delle due associazioni d’arrampicata del paese, sia quelli dell’Asd Condor, i più vicini a Fabrizio e Lanfranco, che quelli dell’Asd Vertigo 2000, sono letteralmente sconvolti per l’accaduto. La Vertigo, intanto, sul proprio sito, ha proclamato lo stop alle attività all’interno del palazzetto comunale sia per la giornata di oggi che per lunedì. Un modo per stringersi ancor più vicino alle famiglie dei due amici scomparsi, due sportivi, due compagni d’arrampicata con i quali più volte si sono tracciate vie e condivisi graffi e magnesite.

Sconvolti dalla morte di Fabrizio anche gli operatori dell’elisoccorso dell’Aquila, dove il giovane pennese prestava servizio come tecnico del soccorso alpino. «Non più di venti giorni fa abbiamo soccorso insieme uno sciatore in difficoltà a Campo Felice», racconta Luisa, infermiera, che parla anche a nome di tutti gli altri componenti del servizio di soccorso, «era una persona eccezionale, molto scrupolosa nel suo lavoro: tra i suoi compiti c’era anche quello di controllare la nostra sicurezza e con noi e ra molto preciso e premuroso. Non era un Rambo, era un ragazzo calmo, riflessivo, molto razionale. Da poco avevamo festeggiato la nascita del suo bimbo. Sa, qui noi siamo come una famiglia. E la perdita di Fabrizio ci distrugge».

(ha collaborato

Francesco Bellante)

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