Parco fluviale nel degrado In bici tra panchine sparite siringhe e lampioni rotti

PESCARA. Il punto di partenza è il bastione della fortezza di Ostia Aterni ridotto a un tetto per i disperati con materassi, pentole, bottiglie. Il punto di arrivo è uno slargo di terra battuta sormontato dall'erba alta che cresce al fianco della pista ciclabile come dimostra una foto scattata ieri alle 15,45. Benvenuti nel parco fluviale, sogno sfumato dell'ex presidente della Provincia di Pescara Giuseppe De Dominicis ereditato da un anno dall'amministrazione di Guerino Testa. Tra il punto di partenza e il punto di arrivo, ci sono due chilometri di degrado: l'area verde con casa in legno, parco giochi e antiteatro è chiusa a chiave dal 2008. La casa ha porte e finestre sbarrate e la parte alta mostra i segni dell'ultimo incendio appiccato dai vandali. Dentro l'area chiusa, l'erba è stata tagliata ma il parco fluviale è una zona sprofondata nel degrado: due panchine sono state segate alla base e portate via; di due lampioni resta un buco a terra e di un terzo, accanto a una panchina, solo un pezzo di plastica alto un metro. I cestini portarifiuti distrutti dai vandali sono stati rimossi nel tratto fra l'area parco giochi e l'uscita della pista ciclabile a Villa Fabio. La pista ciclabile del lungofiume resta senza padrone: continua a essere il rifugio dei tossicodipendenti. La prova sono le siringhe buttate ai lati della pista ciclabile. Anche un altro punto è lo specchio dell'abbandono: le aiuole accanto all'ingresso del ponte di ferro, da via D'Annunzio, sono sommerse dall'erba alta. Lo dimostra un'altra foto del Centro. L'erba ricopre anche un'opera d'arte sul muro di mattoni: si tratta di una scritta in braille, «Il pensiero porta il vento alla deriva», realizzata da Anonimo italiano. Lucia Zappacosta, consigliera della circoscrizione Castellamare (Sinistra ecologia e libertà), è la promotrice del progetto Vernice che ha ridato vita anche ad altri quattro muri grigi di Pescara: «L'arte urbana», spiega, «parla alle persone che si imbattono casualmente con essa ed è deprimente osservare che il lavoro svolto viene nascosto dal crescere dell'erba».
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