pescara

«Truffa del cartellino: processate il dirigente Asl»

Stefano Boccabella, a capo del distretto di Penne, finisce sotto accusa: anziché nell’area vestina sarebbe rimasto a Pescara o andato «altrove»

PESCARA. È accusato di una presunta truffa perché, secondo polizia giudiziaria e procura, «con artifici e raggiri» non sarebbe andato a lavorare all’ospedale di Penne. Sarebbe rimasto «impropriamente» nella sede della Asl di Pescara, in via Paolini, o sarebbe andato «altrove». Dice l’accusa che Stefano Boccabella, 67 anni di Notaresco, direttore del distretto sanitario di Penne e dell’area vestina, uno dei collaboratori più stretti del direttore generale Asl Armando Mancini, avrebbe falsato le timbrature dei cartellini: avrebbe timbrato «molto spesso» nella sede della direzione generale a Pescara e non a Penne. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio del dirigente: secondo l’accusa, Boccabella avrebbe fatto «apparire» di essere andato al lavoro «mentre in realtà si recava altrove per interessi personali» e, così facendo, avrebbe tratto «in inganno» la Asl e si sarebbe procurato «un ingiusto profitto».

Rivelazione del confidente. L’indagine, che fa riferimento a fatti del 2014, è partita dalle confidenze di una fonte anonima fatte a un poliziotto: una fonte senza nome e cognome ma giudicata «attendibile». E l’accusa si basa su un documento e sulle dichiarazioni degli allora vertici della Asl. Il documento è il contratto di lavoro di Boccabella: secondo l’accusa, anche il dirigente, nonostante la sua qualifica apicale da 102 mila euro all’anno, avrebbe dovuto timbrare il cartellino «in entrata e in uscita esclusivamente presso il terminale della sede di assegnazione». Per polizia giudiziaria e procura, in alcuni casi Boccabella avrebbe «impropriamente attestato la propria presenza» negli uffici di Pescara; in altri casi, avrebbe «autocertificato, per omessa timbratura, l’entrata al lavoro mentre in effetti si trovava altrove».

Telefonino sotto controllo. E per documentare l’«altrove», l’accusa ha passato al setaccio i tabulati del telefonino del dirigente: dagli atti di indagine emerge che, nei giorni delle autocertificazioni, il cellulare di Boccabella avrebbe agganciato celle diverse da quella di Penne in orari in cui, secondo le autocertificazioni, il dirigente avrebbe dovuto trovarsi al lavoro. «L’analisi dei tabulati», recita un rapporto della polizia, «ha riscontrato che Boccabella, apparentemente senza nessun motivo giustificativo, non si reca nella sede di lavoro (Penne e zone limitrofe), ovvero attesta la propria presenza in una sede diversa».

D’Amario testimone. Poi, ci sono le testimonianze degli ex vertici Asl: davanti alla polizia, l’allora direttore generale Claudio D’Amario ha detto che «Boccabella deve prestare la propria attività lavorativa a Penne» e proprio a Penne avrebbe dovuto timbrare «come ben specificato dai regolamenti aziendali». Anche il direttore sanitario dell’epoca Fernando Guarino è stato ascoltato e ha detto che Boccabella «non ha nessun ufficio all’interno della struttura della direzione generale» a Pescara. Stessa versione resa anche da Lucia Romandini, ex coordinatrice dei distretti sanitari della Asl. Ascoltato anche il responsabile delle Risorse umane della Asl Vero Michitelli che ha detto che Boccabella avrebbe potuto timbrare a Pescara solo in casi particolari come «convocazioni del direttore generale, del direttore sanitario o riunioni operative».

Tra un mese in aula. È un’accusa pesante quella che pende su Boccabella: l’11 aprile prossimo, il dirigente, che nel frattempo ha ottenuto anche una promozione per coordinare i distretti sanitari pescaresi al posto della Romandini, dovrà difendersi in udienza preliminare davanti al giudice Elio Bongrazio. Che deciderà se chiudere la questione e se mandarla a processo.

Memoria della difesa. Finora, Boccabella non ha mai chiesto di essere interrogato dal pm Silvia Santoro: è stata una scelta quella di restare in silenzio e aspettare. Boccabella ha atteso la conclusione dell’indagine e, ora, contesterà punto su punto, in aula, la ricostruzione dell’accusa. Lo farà con una memoria da consegnare al giudice. A partire dal suo contratto: secondo la difesa – Boccabella è assistito dall’avvocato Michele Quarta – il contratto dirigenziale non impone vincoli di orario e di timbrare il cartellino ma solo obiettivi da raggiungere e questo sarebbe accaduto tanto che Boccabella è stato promosso, da D’Amario, dall’area più disagiata di Popoli a quella vestina più blasonata. Il contratto, sosterrà la difesa con la memoria, non comporta un pagamento a ora. E questo è il primo punto discordante rispetto alle dichiarazioni rese da D’Amario, Guarino e dalla Romandini. E, secondo la difesa, l’elemento del contratto sarebbe sufficiente a far cadere subito il reato di truffa con l’archiviazione del caso.

Autocertificati e telefonino. Inoltre, in merito alle discrepanze evidenziate dall’accusa tra le autocertificazioni del dirigente e le celle agganciate dal suo telefonino, la difesa potrebbe puntare su due punti: sostenere che essendo atti che si compilano a distanza di tempo, le autocertificazioni potrebbero contenere lievi errori nei tempi; sulla localizzazione del cellulare, la difesa potrebbe contestarne la precisione e che le celle incriminate, almeno in alcuni casi, potrebbero essere state agganciate durante gli spostamenti da e verso Penne.

©RIPRODUZIONE RISERVATA