Fanno crescere i 3 figli nel bosco: «Vivono isolati e senza scuola». Arrivano carabinieri e servizi sociali

La Procura per i minorenni dell’Aquila: “Va limitata la responsabilità genitoriale, grave pregiudizio”. La famiglia in un rudere in cui mancano acqua, gas e bagni
Sembra la foresta di «Captain Fantastic», il film in cui Viggo Mortensen porta in scena l’utopia di un padre che cresce i figli nei boschi, allenati come filosofi-guerrieri. O la piena realizzazione del mito del «buon selvaggio», la teoria, cara a Rousseau, che vede l’uomo corrotto dalla civiltà e felice solo nello stato di natura. Questa storia, nella realtà, ha per scenario un rudere, descritto negli atti (almeno nel recente passato) come fatiscente e lesionato, nell’entroterra abruzzese. Un luogo, più nello specifico in un bosco del Vastese, in cui mancano acqua corrente, luce, gas e bagni. Qui, secondo la procura per i minorenni dell’Aquila, una coppia di origine anglosassone sta crescendo i suoi tre figli: una bambina di otto anni e due gemelli, un maschio e una femmina, di sei. Bambini che non vanno a scuola e, secondo le relazioni, non hanno un pediatra. Uno scenario che i magistrati hanno definito di «grave pregiudizio», tanto da chiedere al tribunale un intervento immediato: l’affidamento dei tre fratelli ai servizi sociali e una drastica limitazione della responsabilità genitoriale. A oggi, i bambini sono ancora lì, nel bosco, con i loro genitori. E la famiglia, difesa dall’avvocato Giovanni Angelucci, rigetta ogni accusa. Sostiene che i piccoli stanno bene, che sono puliti, sani e che la loro è una scelta di vita consapevole.
L’AVVELENAMENTO Una battaglia legale e culturale iniziata quasi per caso nell’ottobre del 2024. Tutto comincia con una chiamata ai carabinieri. Un intero nucleo familiare ha perso i sensi dopo aver pranzato con una zuppa di funghi velenosi. Quando i militari arrivano sul posto, in una zona boschiva, la situazione che si palesa è complessa. L’avvelenamento è solo l’innesco. L’abitazione è descritta dagli stessi carabinieri come fatiscente, in pessime condizioni igieniche, priva di utenze. Adulti e bambini finiscono in ospedale: fortunatamente si salvano. Ma, intanto, scatta la segnalazione e il pubblico ministero Angela D’Egidio chiede accertamenti urgenti ai servizi sociali.
GLI ASSISTENTI SOCIALI Il primo rapporto è netto: i minori non risultano seguiti da un pediatra, non frequentano la scuola e vivono in un ambiente non salubre. Ma, al primo contatto con gli assistenti sociali, la famiglia scompare. I genitori si sentono minacciati, braccati, e si rendono irreperibili. Gli atti finiscono per competenza a Bologna; poi, quando la famiglia rientra in Abruzzo, tornano alla procura per i minorenni dell’Aquila. È il marzo del 2025. Il pubblico ministero chiede ai servizi sociali, tornati competenti, di chiudere il cerchio. La relazione che arriva sulla scrivania del magistrato è del 17 aprile 2025 ed è la fotografia di una realtà ai margini. Gli assistenti sociali, in un accesso domiciliare non concordato avvenuto il 4 aprile, descrivono l’area boschiva dove vive la famiglia. Trovano un rudere, una roulotte, un’area per allevare animali e un bagno a secco. Il rudere, annotano, si mostra fatiscente, con evidenti danni strutturali che non lo rendono agibile.
LA ROULOTTE All’interno, due stanze. Una è priva di energia elettrica e acqua corrente, illuminata solo da una stufa a legna accesa, con una pentola d’acqua sopra. Ci sono giacigli per terra, anche nella seconda stanza, priva di altri arredi. Poco distante, una roulotte di piccole dimensioni. Il padre riferisce che è lì che vivono tutti insieme. Dentro, gli ambienti sono molto ristretti e alle due estremità ci sono due piccoli materassini. I servizi igienici sono posti all’aperto tramite un sistema di bagno a secco. Nonostante i genitori avessero manifestato l’intenzione di ristrutturare l’immobile e avessero parlato di educazione parentale, per la procura la situazione è problematica. L’ambiente è definito inadeguato e i due adulti mostrano, secondo le valutazioni dei magistrati, una chiara incapacità ad affrontare adeguatamente i bisogni di accudimento dei tre figli.
LA PRIMA UDIENZA Il 21 aprile 2025, il pm deposita il ricorso al tribunale per i minorenni. La richiesta è di agire con la massima urgenza, data la grave situazione di pregiudizio a cui i bambini sono esposti. Si chiede l’affidamento immediato al Comune per trovare un collocamento idoneo, la limitazione della responsabilità genitoriale per tutte le questioni sanitarie, educative e di collocamento, l’audizione dei genitori e l’avvio di perizie psicodiagnostiche sulla coppia. Il tribunale fissa un’udienza per il 20 maggio 2025. Dopo quella data, i servizi sociali tentano di riallacciare i fili di un dialogo complesso. La famiglia, nel frattempo, ha cambiato legale. I genitori, si legge in una relazione successiva, manifestano la chiara volontà di non recarsi a colloquio e l’impossibilità di concordare visite a domicilio.
L’ALTRO SOPRALLUOGO La diffidenza è tale che si rende necessaria una nuova visita a sorpresa, questa volta con l’intervento dei carabinieri della compagnia di Vasto e del curatore dei minori. Gli assistenti sociali trovano i coniugi e i tre figli. La reazione della coppia è immediata: vedendo le auto sulla strada comunale, rientrano nello stabile per vestirsi e chiamare l’avvocato. La madre, in particolare, assume un atteggiamento definito difensivo e a tratti oppositivo, impedendo agli operatori di avvicinarsi alla dimora e rendendo il dialogo quasi impossibile. Eppure, dopo enormi sforzi, gli operatori riescono a ottenere la sottoscrizione di un progetto socio-psico-educativo, firmato alla presenza del legale. La relazione che ne scaturisce elenca i punti critici: si parla di disagio abitativo (stabile non abitabile), situazione socio-economica precaria (senza entrate fisse, interazioni sociali non frequenti) e condizioni igienico-sanitarie (assenza di servizi, luce, acqua e gas). E, soprattutto, di un grave isolamento socio-culturale: i minori non frequentano la scuola, né attività ricreative.
LA TESI DEI GENITORI È qui che lo scontro diventa filosofico. I genitori applicano i principi dell’«un-schooling», l’educazione non scolastica, e non permettono ai figli di frequentare liberamente altri bambini perché ritenuti «influenzabili». Una scelta che riecheggia la trama di «Captain Fantastic», dove il mondo esterno è visto come una minaccia alla purezza intellettuale e fisica dei figli. La versione dei genitori, affidata a una memoria legale depositata a settembre, è diametralmente opposta a quella delle istituzioni. Rifiutano l’ingerenza dello Stato, rivendicando il diritto di crescere i figli in armonia con la natura, lontano da una società che vedono come «avvelenata» e malata. I bambini, sostengono, stanno bene e non sono affatto trascurati.
IL PERCORSO RIFIUTATO Il progetto proposto dai servizi prova a fissare obiettivi minimi: favorire l’integrazione sociale, garantire un contesto abitativo migliore, ottenere la documentazione sanitaria e quella sull’obbligo scolastico. Il piano prevede anche un accesso settimanale del nucleo in un centro socio-psico-educativo comunale, per incontrare una psicologa attraverso attività ludiche. La professionista contatta la famiglia per fissare il primo incontro. La risposta dei coniugi è un muro: non sono più interessati. In un incontro successivo, la coppia produce alcuni documenti: un certificato di idoneità alla classe terza per la figlia maggiore, rilasciato da un istituto privato lombardo; una perizia tecnica sullo stato dei luoghi; un estratto conto con un saldo finale di poco più di 360 euro. Infine, tre certificati medici di una pediatra che, visitati i bambini, evidenzia la necessità di una consulenza neuropsichiatrica infantile e di esami specialistici.
LA PALLA AI GIUDICI I servizi sociali inviato l’ultima relazione in procura, parlando di «complessità del caso». Ora la palla passa ai giudici, chiamati a decidere dove finisce l’utopia e dove inizia il pregiudizio. La famiglia, a oggi, è ancora unita e vive in quel bosco. Lontano dalle foreste cinematografiche di «Captain Fantastic» e dalle speculazioni filosofiche di Rousseau, ma dentro un rudere senza acqua corrente, al centro di un fascicolo del tribunale per i minorenni.
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