«Intimità violata, abbiamo paura»: tremano gli affittuari spiati in casa, si teme che le immagini possano essere finite in Rete

1 Novembre 2025

Sono quindici le denunce finora presentate. Una trentina i dispositivi scoperti e sequestrati, la Procura ordina una super perizia 

L’AQUILA. «Siamo terrorizzati. Le nostre immagini potrebbero essere finite ovunque. La nostra intimità è stata violata». A parlare sono gli stessi inquilini spiati all’Aquila, attraverso i rispettivi avvocati. Bocca cucita, invece, da parte di Roberto De Cesaris, legale di G.G., il 56enne accusato di essere il regista di questo “Grande fratello”, avendo messo in piedi un sofisticato sistema di accessi on demand collegati al suo telefonino. Un sistema con vista h24 su bagni, camere da letto e salotti di un’intera palazzina. Poche parole, stavolta ispirate al rispetto per la posizione dei suoi assistiti, anche da parte di Maria Leone, che assiste quattro degli inquilini – tutti finanzieri – attualmente residenti in quella stessa palazzina cosparsa di microcamere.

Una trentina i dispositivi rinvenuti e sequestrati dagli agenti della polizia di Stato tra il garage e l’abitazione del sospettato. Si tratta di un iPad, un iPad Air, due Macbook, tre iPhone, sei telecamere con schede Sd, due microcamere anche queste dotate di scheda, una webcam e una scatola contenente diverse pendrive. Dispositivi, questi, destinati a essere passati minuziosamente al setaccio dagli investigatori, che proprio da lì partiranno per farsi un’idea più precisa della mole di materiale informatico catturato illecitamente dal 56enne chissà da quanto tempo.

Dirimente sarà, a questo punto, la perizia affidata all’esperto Fabio Biasini, ieri incaricato dalla Procura di analizzare il mare di gigabyte contenuti in quei dispositivi e chiarire, al tempo stesso, se le immagini degli ignari inquilini possano essere state diffuse on line, o se siano invece rimaste nell’archivio privato di chi le ha catturate, a sua esclusiva disposizione. L’indagine si preannuncia complessa, con gli inquirenti costretti a muoversi nel tempo e nello spazio, a partire da tutte le abitazioni di proprietà del 56enne oltre alla palazzina già perquisita, così da risalire alle prime riprese realizzate in modo illecito e tentare di conseguenza un censimento di tutte le persone che possano avervi da quel momento in poi soggiornato, anche quelle solo di passaggio. In quindici hanno già sporto denuncia, e altre stanno fioccando in queste stesse ore.

Così la sensazione è che si tratti solo della punta di un iceberg nascosto sotto la superficie del web, forse capace di toccare i suoi più grotteschi fondali. E spuntano intanto una serie di post su un profilo Facebook che porta proprio il nome e cognome del sospettato. I post rimandano a una serie di link non più visualizzabili, di cui uno dal titolo “Riprende la moglie che lavora a casa. Guarda cosa fa mentre lavora a casa ripresa dal marito che poi dopo il divorzio ha messo il video on line”. A inquietare non è solo il contenuto potenziale, ad oggi non visionabile ma perfettamente in linea con la vicenda, quanto piuttosto la data riportata sotto ognuno di essi. Si va infatti dal luglio 2011 al maggio 2015.

Uno sbrilluccichio. Un particolare riverbero della luce dello specchio che neanche il più meticoloso dei registi poteva prevedere. Perché si possono scritturare persone a loro insaputa, si può curare le inquadrature e controllare che tutto funzioni a dovere, compresa la trasmissione delle immagini. Ma evidentemente un tecnico delle luci avrebbe fatto comodo al più grottesco dei Grande fratello versione aquilana. Lo stesso che forse avrebbe posizionato quella microcamera solo un po’ più su e a quest’ora The show must go on.

E invece la trasmissione è stata bruscamente interrotta, dopo che una ragazza, colpita da quello strano bagliore, si è affidata all’istinto e ha voluto controllare. Di qui la scoperta di una microcamera e la decisione di recarsi in questura a denunciare tutto. Poi la perquisizione nel suo appartamento così come in quello degli altri inquilini di quello stesso stabile in via degli Acquaviva, con gli agenti che finiscono per scoperchiare un vaso di pandora fatto di decine di microcamere piazzate nelle intercapedini, specie in quelle delle stanze in cui capita di svestirsi. Una fine delle trasmissioni così brusca che le reazioni sono già forti, tra chi definisce la situazione «delicata» e chi dice, invece, di essere «terrorizzato». 

©RIPRODUZIONE RISERVATA